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Riciclo intelligente: gli scarti del caffè trasformati in Pellet

Oggi in Italia circa 360.000 tonnellate di fondi di caffè vengono smaltiti normalmente in discarica con costi di gestione altissimi per le aziende. Ma il nostro paese è anche il maggior consumatore di pellet domestico, di cui più dell’85% proviene dall’estero.
Ecco allora che c’è chi ha pensato di unire queste due esigenze: gestire i fondi del caffè e produrre in Italia un pallet ecologico e a km 0. 
È l’intuizione attorno a cui ruota il progetto Oltrecafè, che ha recentemente vinto il premio Good Energy Award, dedicato alle aziende innovatrici e responsabili, nella categoria Agrifood. Ne parliamo con Francesca Lovato, amministratrice delegata e fondatrice dell’azienda.

Qual è stata l’idea di partenza di Oltrecafé?

Oltrecafé nasce dalla passione per il riciclo, per le seconde opportunità e dal forte desiderio di fare qualcosa di concreto per promuovere opportunità di sviluppo green in Italia. Tante sono le possibilità che possono nascere dal riciclo di scarti per creare nuovi prodotti, ma spesso non riusciamo ad andare oltre l’idea e realizzare un progetto di circular economy. Può essere perché l’idea è solo il risultato di uno studio, perché manca la parte burocratica o perché si deve costruire tutta la filiera attorno all’idea. E così tutto si ferma e l’attività viene realizzata da altri all’estero dopo aver “preso” l’idea italiana. Il focus è produrre localmente in maniera ecologica, pensando a valorizzare dal punto di vista ambientale e sociale i residui che aziende e cittadini producono ogni giorno. Volevo dare una scelta in più a chi cerca un prodotto/servizio green realizzato in Italia e alle aziende che non possono produrre da sole con i propri residui perché troppo pochi o troppo piccole. Quindi mi sono concentrata sulla ricerca di uno scarto locale, abbastanza rilevante in termini di quantità e con caratteristiche intrinseche da poter mettere a servizio del mercato italiano, perché se le attività di riciclo che facciamo portano un beneficio diretto sul territorio in cui vengono realizzate, conseguentemente anche l’impatto ambientale dovuto ai trasporti si riduce e ne beneficia l’economia locale. In più, rafforzare le relazioni e i legami che si creano sul territorio fra aziende, cittadini e pubbliche amministrazioni non fa altro che aumentare la qualità della vita (e dell’ambiente) di tutti gli attori coinvolti e non solo, anche l’attrattività del territorio ne guadagna.

Come funziona la fase produttiva di Oltrecafè?

Oltrecafè offre il servizio di ritiro fondi caffè per aziende che abbiano questo scarto da gestire: vogliamo servire chi decide di riciclare tale residuo e vuole avere la certezza del riutilizzo, invece di smaltirlo in discarica o senza sapere dove va. Questa, inoltre, è un ‘ottima responsabilità sociale d’impresa. Proprio per questo il fondo di caffè viene raccolto, essiccato, miscelato con legno selezionato e pellettizzato per l’utilizzo in stufa e caldaia a biomassa.

In un’intervista ti sei definita “talent scout dei rifiuti”. Prima di diventare una startupper avevi già questa vocazione?

Direi di si: mi ha sempre appassionato la ricerca di qualcosa in più, della possibilità di migliorare quel che c’è o trovare un modo diverso di fare le cose. Una domanda che mi ha sempre affascinato è “e se fosse possibile…?” Oggi sono possibili soluzioni che qualche anno fa risultavano impensabili. E’ cambiata la tecnologia, ma soprattutto è cambiata la cultura e l’interesse delle persone. Non c’è solo l’aspetto economico nelle nostre vite, ma anche l’aspetto sociale ed ambientale (i 3 cardini dello sviluppo sostenibile). Questi 3 fattori giocano un ruolo fondamentale per “vivere bene” e ognuno di noi ha intuito che può fare qualcosa ogni giorno per arrivare a questo obiettivo attraverso i suoi acquisti , la sua attenzione, il modo in cui si approccia alle cose che non utilizza più.

Il tema dell’utilizzo degli “scarti” è sempre più attuale e si parla molto di economia circolare. Quale evoluzione vedi in futuro?

Questa è una bella domanda. Dal mio punto di vista spero che, da una parte, le aziende si rendano conto che possono trarre benefici anche dai loro rifiuti, semplicemente decidendo che non sono più un aspetto da nascondere, ma un asset da valorizzare: può essere dal punto di vista economico, ma ancor più dal punto di vista sociale o ambientale, promuovendo progetti di collaborazione con altre aziende per ricavare nuovo valore per il territorio e la comunità in cui operano. Dall’altra parte noi cittadini e consumatori ci dobbiamo rendere sempre più conto che con i nostri acquisti votiamo ogni giorno per il futuro che vogliamo: possiamo preferire prodotti che hanno certe origini o certe caratteristiche di riciclabilità o aziende che operano in maniera tale da allinearsi con inostri valori. Confido che aumenti il dialogo e si moltiplichino le collaborazioni per attuare filiere virtuose di circular economy, in cui un team di aziende renda possibile davvero l’utilizzo dello scarto di una nei processi di un’altra, anche innovando i processi o realizzando nuovi prodotti e servizi. Vedo una moltiplicazione delle possibilità se riusciremo a far dialogare tra pubblico e privato per semplificare e rendere trasparenti alcuni aspetti della gestione che attualmente sono molto complicati. L’attitudine dev’essere di collaborazione e focus per migliorare quel che già c’è e costruire a piccoli passi. Se poniamo l’attenzione su cosa possiamo fare oggi per raggiungere l’obiettivo invece di elencare i problemi possibili che altri dovrebbero risolvere, abbiamo buone probabilità di successo.

In tre parole come definiresti gli aspetti più rilevanti della tua attività?

Ricicla, Innova, Valorizza. Ricicla, perché ci concentriamo su materie prime riciclate per diminuire la quantità di rifiuti, ridurre il prelievo di risorse vergini e diminuire l’impatto ambientale che generiamo. Innova, perché adottiamo uno sguardo diverso sui materiali e sulle situazioni di fronte a cui ci troviamo, chiedendoci se tutti i punti fermi che finora abbiamo avuto siano davvero così immutabili: e se alcune di queste cose si potessero modificare, cosa succederebbe? Valorizza, perché è il fine ultimo con cui facciamo le cose: come possiamo avere un impatto positivo? Può trattarsi di un risparmio economico o di maggior visibilità, oppure di benefici ambientali (minor inquinamento e sfruttamento) o sociali (nuove opportunità di lavoro, collaborazioni, maggior attrattività del territorio). Crediamo nella possibilità di creare un impatto positivo attraverso il proprio lavoro: spesso basta fare le solite cose con un pizzico di consapevolezza e attenzione in più. Siamo aperti alle sperimentazioni e lavoriamo con realtà che vogliano raggiungere risultati positivi oltre al mero aspetto economico, che rimane importante, ma non può essere l’unico driver.
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